L'incubo del corridoio
- Etienne Carrano
- 29 mar 2018
- Tempo di lettura: 2 min

L’impostazione planimetrica, delle abitazioni realizzate fino agli anni 70 circa, rispondeva a molti riscontri pratici per l’esigenze e gli usi del periodo. L’ingresso esisteva perché l’ospite doveva entrare in casa ed essere indirizzato solo negli ambienti che si desiderava far visitare, senza avere la possibilità di “curiosare” in altre stanze. L’ingresso era una vera e propria stanza, dove far attendere chi veniva a fare visita o portare una notizia o una lettera, anche se filtrato da una porta, spesso faceva parte del corridoio, che tagliava in due la casa permettendo l’accesso alle varie stanze. I locali che si potevano trovare in prossimità dell’ingresso erano la cucina, la camera dei domestici, il salotto, la sala da pranzo, per poi proseguire nel corridoio per l’accesso alle camere private del padrone di casa. Tutti i locali dovevano essere indipendenti perché usati anche da persone non appartenenti alla stessa famiglia.
Oggi, un po’ per gli usi e costumi che sono cambiati, un po’ anche per la speculazione edilizia, si tende a far diventare questi spazi, ingresso e corridoio, sempre più piccoli, affinché svolgano il solo compito di distribuzione.
Questo processo è facilmente realizzabile se si tratta di una nuova costruzione, nata e pensata con l’esigenze di oggi.
Per tutte quelle abitazioni “del passato” si possono trovare soluzioni architettoniche per poter sfruttare (nella concezione moderna) la superficie di questi ambienti cercando di accrescere le superfici degli ambienti limitrofi. Infatti la soluzione che si adotta di più quando si ristruttura un’abitazione (quando realizzabile) è quella di eliminare il muro che divide l’ingresso dal soggiorno, ottenendo cosi un unico ambiente, si riesce ad avere: una prospettiva dello spazio migliore, luce e aria (l’ingresso è solitamente un luogo buio e dove si accumulano gli odori della casa).

Ante Operam

Non esiste un sistema in “assoluto” per eliminare il fastidioso corridoio, spesso troppo lungo, ma è ovvio che ogni abitazione rispetto alla propria conformazione e soprattutto alle esigenze della committenza potrà avere un progetto del tutto diverso.
Per dare un’idea di come eliminare, in parte accorciare e trasformare questi ambienti, a volte troppo grandi per non avere un’identità e a volte troppo piccoli per assolvere a delle funzioni, si presentano due progetti del tutto differenti.
Per concludere si vuole trattare l’aspetto urbanistico-legislativo legato a l’eliminazione di muri, anche se non strutturali, come i tramezzi che assolvono la funzione di suddividere gli ambienti all’interno di un’abitazione. Fino ad un anno fa circa si doveva presentare una D.I.A (dichiarazione di inizio attività) al Comune di appartenenza, perché lavori straordinari. Questo documento era redatto da un tecnico abilitato, ed era composta sostanzialmente da una parte documentale (domanda del richiedente e relazione tecnica da parte del tecnico) e da una parte descrittiva (elaborati tecnici). Il lavoro si concludeva alla fine dei lavori, con la presentazione della variazione catastale e la successiva chiusura dei lavori accompagnata da una relazione di conformità degli stessi, sempre redatta da un tecnico.
Oggi con l’introduzione della legge n°73 art. 5 del 22/05/2010 la procedura dovrebbe essere “semplificata” ma in realtà non è cambiata sostanzialmente, anche perché ogni Comune può recepire la legge è farla propria. Si consiglia, prima di iniziare dei lavori nella propria abitazione, di informarsi presso un Tecnico per avere delucidazioni sulla procedura legittima da seguire.
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